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О. Мандельштам «B Петербурге мы сойдемся снова…» на итальянском языке

Перо и свиток

* * *

B Петербурге мы сойдемся снова,
Словно солнце мы похоронили в нем,
И блаженное, бессмысленное слово
В первый раз произнесем.
B черном бархате советской ночи,
В бархате всемирной пустоты,
Все поют блаженных жен родные очи,
Bсе цветут бессмертные цветы.

Дикой кошкой горбится столица,
На мосту патруль стоит,
Только злой мотор во мгле промчится
И кукушкой прокричит.
Мне не надо пропуска ночного,
Часовых я не боюсь:
За блаженное, бессмысленное слово
Я в ночи советской помолюсь.

Слышу легкий театральный шорох
И девическое «ах» —
И бессмертных роз огромный ворох
У Киприды на руках.
У костра мы греемся от скуки,
Может быть, века пройдут,
И блаженных жен родные руки
Легкий пепел соберут.

Где-то хоры сладкие Орфея
И родные темные зрачки,
И на грядки кресел с галереи
Падают афиши-голубки.
Что ж, гаси, пожалуй, наши свечи,
В черном бархате всемирной пустоты
Все поют блаженных жен крутые плечи,
А ночного солнца не заметишь ты.

1920
Осип Эмильевич Мандельштам

* * *

A Pietroburgo ci incontreremo di nuovo,
quasi vi avessimo sepolto il sole,
e un’assurda parola beata
pronunzieremo per la prima volta.
Nel nero velluto della notte sovietica,
nel velluto del vuoto universale
cantano sempre i cari occhi di donne beate,
sempre fioriscono fiori immortali.

Come una gatta selvaggia s’inarca la capitale,
sul ponte sta una pattuglia,
solo un maligno motore fuggirà nella nebbia,
urlando come un cuculo.
Non mi occorre il lasciapassare notturno,
non ho paura delle sentinelle:
per un’assurda parola beata
pregherò nella notte sovietica.

Sento un leggero fruscío teatrale
e l’ah d’una fanciulla,
e un mucchio enorme di rose immortali
Ciprigna stringe fra le braccia.
Ci scaldiamo a un falò dalla noia,
forse i secoli trascorreranno,
e le care mani di donne beate
raccoglieranno la lieve cenere.

In qualche luogo le rosse aiuole d’una platea,
sfarzosamente rigonfi gli stipi dei palchi,
la bambola a molla di un ufficiale:
non per le anime nere né per i gretti santoni…
Ebbene, spegni le nostre candele
nel nero velluto del vuoto universale,
cantano sempre le sode spalle di donne beate,
ma il notturno sole tu non lo spegnerai.

25 novembre 1920
Osip Ėmil’evič Mandel’štam
Traduzione di Angelo Maria Ripellino

* * *

Noi ci rincontreremo a Pietroburgo,
quasi avessimo lì sepolto il sole,
e per la prima volta la parola
sul labbro ci verrà beata, assurda.
Nel nero velluto della notte sovietica,
nel velluto del vuoto dell’universo,
cantano sempre i cari occhi di donne beate,
sempre sbocciano fiori senza morte.

La città come un gatto selvatico inarcata,
sul ponte sta di guardia una pattuglia;
solo un’auto maligna sfreccerà
con un grido da cuculo nel buio.
Non ho bisogni del lasciapassare
notturno, io non temo sentinelle:
alla parola che è beata, assurda
nella notte sovietica dedicherò la mia preghiera.

Sono un lieve fruscio del sottopalco
e lo stupido “ah” di una ragazza,
e un subisso di rose
Cipride tra le braccia.
Ora ci scaldiamo di noia ad un falò;
passeranno i secoli, le ere,
e care mani di donne beate
raccoglieranno ceneri fini.

Dolci cori di Orfeo in qualche luogo,
e scure amate pupille, e dal loggione
le piccole colombe dei programmi
calano sopra un aiuola di poltrone.
D’accordo: spegni i nostri candelabri;
dentro il nero velluto dell’universo
cantano sempre le erte spalle di donne beate,
ma non potrai mai contemplare quel sole a mezzanotte.

Osip Mandel’štam
Traduzione di Remo Faccani

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